Curiosità…
Sorvolando sul fatto che questa, è spesso invece “una dimostrazione tangibile” proprio di un cambiamento che, se abbracciato, potrebbe rivelarsi risolutivo nei confronti di molti problemi!
– Una persona da sola “non riesce a cambiare”
– chiede aiuto ad un interlocutore– l’interlocutore “offre un’alternativa”– non viene accolta– l’interlocutore “trova altre strade”– non vengono accolte– l’interlocutore cambia modalità di approccio– non viene accolta– l’interlocutore si rompe le palle e s’incazza– chi non accoglie “giustifica la sua incapacità con l’incazzatura dell’interlocutore” (non cambio perchè t’incazzi)– o peggio, sostiene di possedere doti da veggente grazie alle quali PREVEDE IL FUTURO e di non riuscire a cambiare a causa della paura per l’aggressività dell’interlocutore (non ci riesco perchè ho paura che t’incazzi e come vedi ne ho ragione!)
MAI CAPITATO E’?!?
Ma di questo, magari parleremo in un altro articolo…
Un punto di osservazione “semplificato”.
Ogni azione umana (ma in realtà qualsiasi concetto discutibile) può essere indagato attraverso 3 semplici passi:
- IL COSA
- IL COME
- IL PERCHE’
Se prendiamo la questione in ballo in questo articolo, quando una persona non cambia, generalmente i motivi sono solo 2:
- NON VUOLE veramente cambiare
- NON RIESCE a cambiare
In altre parole, o mancano le risorse per farlo (informazioni e processi cognitivi), o manca la volontà per farlo.
Spesso nei miei articoli e nella mia scuola di kung fu, faccio riferimento alla “volontà” in chiave orientale: ovvero la perseverante determinazione del CUORE a battere incessantemente fino alla morte.
Mi rendo tuttavia conto, che usare tale parola può dar luogo a incomprensioni, per cui ci si faccia riferimento magari usando parole “per noi” più allineate al significato che si vuole intendere:
PERSEVERANZA, DETERMINAZIONE, CONTINUITA’, DISCIPLINA.
Quando una persona “non vuole”, di sicuro mancano questi elementi indispensabili ad ottenere risultati… indipendentemente dal fatto che le informazioni ed i processi per agire ci siano!
Il COSA c’è; il COME anche; manca il PERCHE’…
Sul blog puoi trovare atri articoli in cui ne parlo cliccando QUI
Quando invece una persona NON RIESCE, a mancare non è il perchè (che fornisce la motivazione), ma il cosa o il come.
Imbattersi in questi casi è qualcosa di straordinario, perchè se hai da offrire informazioni o processi risolutivi, in un attimo vedrai materializzarsi “IL PRIMO FONDAMENTALE PASSO DEL CAMBIAMENTO”.
ATTENZIONE: ogni viaggio INIZIA col primo passo, ma successivamente DEVONO SEGUIRNE ALTRI!!!
Inoltre, con PRIMO PASSO, non va inteso “il muovere uno dei due piedi” ma tenendo BEN ANCORATO l’altro alla posizione di partenza!!!
Si devono MUOVERE ENTRAMBI I PIEDI, l’uno dopo l’altro! 😉 ok?
Ma ripeto, se in una persona il perchè è vivo questo tipo di problema di solito nemmeno si presenta.
“Quando il PERCHE’ è sufficientemente forte, il COME e il COSA non hanno importanza”!
Esistono casi in cui la motivazione è TALMENTE FORTE, che recuperare MEZZI (informazioni o processi) diviene irrilevante.
Questo per il semplice fatto che sarà sottintesa una ricerca smodata di tentativi su tentativi!
L’IMPORTANTE in questi casi, è mantenere distante l’ARROGANZA, ed agire con UMILTA’ autentica:
“Se una strada non funziona, ne provo un’altra, e un’altra e un’altra fino alla SOLUZIONE”!
La dinamica è piuttosto semplice: “se funziona OK, se non funziona CAMBIO”!
ATTENZIONE! Cambio “strada”, non “cambio OBBIETTIVO”!!!!!
Per concludere questa raccolta di piccoli spunti (il processo del cambiamento, volendo, include processi umani molto piu’ articolati), ti lascio con una frase di un noto formatore di successo, che mi ha colpito e “spiazzato” qualche anno fa:
Quando vuoi aiutare qualcuno, O FORNISCI I MEZZI, O TOGLI LE SCUSE!
A volte “incazzarsi” può rivelarsi un modo proprio per “togliere le scuse” 😉
Buona riflessione
Zaijian
13 risposte su “Quattro parole sul cambiamento…”
Caro Sergio,
penso in verita’ che questa giusta premessa sul cambiamento: PERSEVERANZA, DETERMINAZIONE, CONTINUITA’, DISCIPLINA, trovi 2 grandi ostacoli che ci mettono a durissima prova. Parlando di contesti relazionali lavorativi e non sentimentali.
1) I SUBUMANI,(come giustamente ci insegni), i quali non fanno nessun sforzo per comprendere quello che uno gli sta comunicando, (figuriamoci a cambiare, impresa altamente improbabile, ci vuole uno shock esistenziale, un’illuminazione zen)….
2) LA PERDITA E IL CALO DI ENERGIA: come faccio a far capire le cose, ad un subumano che vede solo sé stesso, ha scarso rispetto per gli altri ? O ci litighi,(ma non capisce nulla e poi reitera il suo odioso comportamento), oppure lasci correre ma se il comportamento si ripete, e dopo un po’ si accumula nervosismo patogeno. In entrambi i casi ,cioè, paghi un prezzo, sia ad attaccare e confliggere,(ti sfoghi ma poi il comportamento si ripete), e se lasci fluire,(tou shou), ma accumuli nervoso, come già detto. In entrambi i casi, l’energia cala e si disperde, e ti passa la voglia.
Si può cercare di cambiare metodologia, approccio, ma temo che tutti gli schemi teorici si infrangano contro la realtà dei rapporti con subumani, o simili.
Si possiamo anche cambiare ma sono, in molti casi, gli altri a non volersi spostare minimamente dalla loro posizione,(parlando di subumani certo)…..e allora temo che ….si possa spremere tantissimo una rapa rossa ma di certo non ti darà mai sangue.
Per cui: non puoi buttare via la rapa,(magari ci lavori assieme), non la puoi menare,(eh sennò si va in disciplinare e nel penale), non puoi andartene,(sennò ti licenziano), puoi litigarci,(ma non serve granchè), puoi lasciar andare (ma alla lunga accumuli nervosismo)……le scelte si riducono e drasticamente.
Io penso che gli schemi comportamentali,(pnl, assertività ecc), servano a dare a noi stessi, una buona consapevolezza e probabilmente con personaggi umani normodotati, possono anche funzionare entro certi limiti. Poi, di fronte ai subumani,e al tempo,(altro grande fattore determinante), e al contesto in cui ci si trova, rischiano di infrangersi colla realtà. Penso ad un paragone marziale: hai i tuoi bei schemi di attacco/difesa….ma se poi si combatte per davvero, zero chiacchiere e molte tecniche non servono, o non si riesce ad applicarle o l’adrenalina ti va a mille.
Pertanto collegherei: PERSEVERANZA, DETERMINAZIONE, CONTINUITA’, DISCIPLINA, a processi realistici che dipendono sostanzialmente in massima parte da noi stessi,(es la pratica del wu shu,), in tanti altri casi, come sopra descritti, dopo un po’ di inutili tentativi, mi cala la palpebra e non ce faccio più a provare a spostare dinamiche psicologiche inamovibili.
Ciao Gianfranco!
Direi che la risposta alla tuo succulento intervento, meriti più di qualche riga…
Prima di tutto, da studioso di “gong fu”, sai che TEMPO ed ENERGIA sono in realtà le due variabili più importanti dell’equazione.
Ma mentre in merito al TEMPO (al di là di imparare a gestirlo correttamente) possiamo gran poco, in merito all’ENERGIA possiamo molto!
Essa infatti è recuperabile, generabile, accumulabile… E tu, da appassionato di QI GONG hai anche oggettivamente qualche mezzo in più! 😉
Premesso questo, un passo fondamentale che “ti sfugge” (IMHO) è che OGNI SCELTA COMPORTA UN PREZZO DA PAGARE.
Individuare quel prezzo, rende LIBERI DI AGIRE.
Ciò detto…
Discorso SUBUMANI: prima di tutto “NESSUNO PUO’ AIUTARE CHI NON VUOLE ESSERE AIUTATO”!!!!!!!
Nella mia scuola sai che le 2 caratteristiche di BASE che vengono chieste a chi studia, sono l’UMILTA’ E LA VOLONTA’.
Il contraltare, ARROGANZA & PIGRIZIA, sono 2 problemi con cui E’ MEGLIO NON AVER A CHE FARE!!!
E se malauguratamente ti dovessi imbattere in individui simili che “senti di dover aiutare” (per ragioni CHE DOVRESTI INDAGARE SU TE STESSO), ti troveresti IN UN BEL GUAIO!
Ricordati che (per fortuna) siamo ancora PIUTTOSTO LIBERI, ma questa libertà dipende sovente dalla capacità di “individuare il REALE PREZZO CHE COMPORTA UNA SCELTA”, e dalla DECISIONE DI ACCOLLARSELO!
Se SCELGO di svolgere una professione da “dipendente”, ad esempio, si tratta di una scelta che COMPRENDE (come prezzo da pagare) alcuni tipi di forzature a cui dovremo sottostare.
Ma mentre per “l’ordine gerarchico” (qualcosa di atavico che coinvolge TUTTE LE ORGANIZZAZIONI SOCIALI) possiamo farci gran poco (se non “SCALARE”), con i colleghi i problemi sono legati al “costume culturale”.
Avere a che fare con un idiota, è sempre qualcosa di fastidioso, ma a cui “potremmo” rispondere andandocene, affrontando, incassando!
Farlo con un subumano, come hai detto giustamente, è qualcosa di molto problematico… specie in un ambiente dove la “distribuzione del potere non è REALMENTE MERITOCRATICA”, e se non si ricopre un RUOLO SUFFICIENTEMENTE “ALTO” DA POTER ESERCITARE UNA CERTA LIBERTA’ D’AZIONE.
I cenni delle tecniche di PNL che hai fatto, secondo me, offrono qualche valido strumento per poterSI gestire un po’ meglio sul piano psicoemotivo.
Questo permette di preservare o amministrare meglio una parte delle energie impiegate…
Ma ricorda che IL CERVELLO UMANO “NON PUO’ NON ASCOLTARE”… giocoforza, tutto ciò che viene “accumulato SENTENDO”, prima o poi inizia ad agire sul piano subconscio, e con il tempo VERRA’ A GALLA… (con auspicabili SBOTTI per chi per natura, o per abitudine, tende ad accumulare più di quanto riesce a gestire)
Riassumendo: LIBERTA’ (legata alla consapevolezza del prezzo da pagare per le proprie scelte), POTERE DECISIONALE (se nell’organizzazione sociale di cui si fa parte NON CI E’ CONCESSO PER RUOLO, “di sicuro” su noi stessi abbiamo SEMPRE PIENI POTERI IN TAL SENSO!), NON SI PUO’ AIUTARE CHI NON VUOLE FARSI AIUTARE (Indagare a fondo ciò che ci spinge a farlo!!!)
Come dice mio padre: “OGNI BISTECCA HA IL SUO OSSO”… Poi sta alla capacità individuale l’intercettare ed affrontare la SCELTA MIGLIORE in merito a COSA METTERE NEL PROPRIO PIATTO! 😉
Sergio…cambio strada ma non cambio obiettivo è ciò che mi risuona di più Sergio… poiché il non averlo raggiunto delle volte può creare la rinuncia…e quindi il cambiamento avviene in natura per ovvi motivi…però ci si ritrova a fare i conti con un altro obiettivo che si creda sia più raggiungibile… come tuo solito mi mandi il tilt!… vero è..che l obiettivo non raggiunto…resta lì e ritorna immancabilmente tra un esperienza e l altra a farsi vedere…un po’ in tutti gli aspetti della vita.
Ciao Giovanna…
Vediamo se ho capito cosa intendi, perchè di fatto “non leggo domande”…
ps.sono le “domande” a rendere attivo l’approccio mentale, sono le domande a modificare il FOCUS della mente, e sono le domande a incanalare e dare una “direzione” alle conversazioni ed alle energie mentali.
In altre parole, ogni cambiamento può avvenire SOLO se ci si pongono “domande diverse”, invece che stallare o galleggiare su risposte a “vecchie domande”. 😉
Cambio strada, ma non cambio obbiettivo… poichè il non averlo raggiunto delle volte può creare la rinuncia…
Mmmm… sicura?
E’ il non raggiungere l’obbiettivo che crea la rinuncia…?
O la rinuncia impedisce di RAGGIUNGERE L’OBBIETTIVO?? 😉
“…e quindi il cambiamento avviene in natura per ovvi motivi”…
A quale cambiamento ti riferisci?
E quali sono questi “ovvi” motivi?
“Vero è che l’obbiettivo non raggiunto resta li e ritorna immancabilmente tra un’esperienza e l’altra a farsi vedere… un po in tutti gli aspetti della vita…”
Ci provo, ma in tutta onesta’ “fatico a seguire cosa vuoi dire”…
Presumo, ma ho bisogno che mi chiarisca meglio cosa intendi per andare sul sicuro, che tu abbia associato a quell’obbiettivo una “soluzione ad un problema”, ergo “una crescita personale” con cui ogni essere vivente “dovrebbe” interfacciarsi…
VERO CHE, se un problema non viene risolto, durante il percorso dell’esistenza lo rincontreremo costantemente (come correre in campo pieno di rastrelli!) 😉
Ti riferisci alla “crescita personale” e quindi all’EVOLUZIONE in generale forse?
Se si, ricordati che “evolvere” non è un obbligo! Ma un’OPPORTUNITA’…
Basta tornare al vecchio caro Darwin per rendersi conto che “evolvere non è il CASO DI TUTTI”…
L’ambiente richiede costanti “adattamenti”, che non cambia in tale direzione, si estingue…
Qualcuno, migliora, qualcuno peggiora, qualcuno ristagna (apparentemente o per poco tempo!)…
Per allacciarmi al commento di Taz, quando uno “migliora”, lo fa mettendo in campo l’umiltà “per accogliere nuove informazioni”, passa all’azione studiando, assimila i processi coinvolti attraverso la sperimentazione, e “adatta” per produrre un cambiamento/trasformazione funzionale…
Se questo cambiamento gli permette di “non farsi più fermare da ciò che prima era un problema”, ogni volta che incontrerà ostacoli simili, semplicemente non gli impediranno di “andare avanti”… in poche parole, E’ MIGLIORATO.
Quando qualcosa NON MIGLIORA, PEGGIORA…
Il ristagno è l’esempio di chi “porta pazienza e sorvola di default SENZA MAI AFFRONTARE VERAMENTE UN OSTACOLO”… e mentre lo fa, “si racconta altro o fa finta di niente”…
Il guaio dietro l’angolo, è che “a lato pratico” neppure il ristagno esiste…
Se non affronto e supero un problema, ci sbatterò contro fino a quando, nella metafora del campo pieno di rastrelli, non mi ritroverò con la testa fracassata!
“OCIO a frasi del tipo: IO CI DEVO SEMPRE SBATTERE LA TESTA”!!!
Tecnicamente, un linguaggio simile non rivela il problema “sbatterci la testa” (che potrebbe essere riferito anche alla semplice pratica!)…
… ma quel “DEVO” e il “SEMPRE”!
Il verbo “devo” indica una conclusione “obbligatoria” (in sostanza suona un po’ come “sono un idiota”)
E la parola “sempre” genera un effetto PERVASIVO a livello della percezione della realtà… (crea distorsioni percettive: in questo caso “scoraggia e sabota la motivazione”)
Comunque sia, un “temporaneo o prolungato ristagno”, si traduce regolarmente in un PEGGIORAMENTO…
Questo semplicemente perchè il tempo scorre inesorabile, il capolinea si avvicina, e si accumula (malessere di vario genere)… appesantendo la vita…
SEMPRE PIU’ PESO, E SEMPRE PIU’ VECCHI… (alla faccia del ristagno!)
Spero di avere “centrato il punto” su cui volevi portare l’attenzione… ^_^
In caso contrario, spiegami meglio cosa intendi e ci riprovo 😉
Hai centrato perfettamente il punto, ma non avevo dubbi, sopratutto, la cattiva abitudine del Devo e del Sempre, con la paura di porre domande dirette che a quel punto porterebbero ad azioni risolutive dovendo integrare un atteggiamento nuovo a vecchi schemi ( pigrizia?) … e devo dire la prospettiva che mi si apre è molto,molto interessante da mettere in pratica, compreso il linguaggio inappropriato, forse causa principale della rinuncia… Voglia di Evolvere.. si.. si… decisamente con tutte mie forse e verso il “meglio”… preferisco l’ “errore” ( passami il termine) al ristagno… Grazie Sergio!
Allora, vorrei affrontare questo argomento in maniera differente. Si, mi è capitato spesso di intaccare in discussioni in cui cercavo di aiutare chi parlava con me ma trovavo sempre un muro di scuse su scuse che non si reggevano in piedi. Molto spesso basta girarsi dall’altra parte e ognun per sé. Vero è che è molto difficile fare ciò con persone molto vicini a cui tieni. Come fare in questo caso? Avere pazienza? Forse si, forse la soluzione è arrivare alla lunghezza d’onda dell’interlocutore?
Ora vorrei iniziare però la parte un po’ più diversa. Spesso quando leggo i tuoi articoli Sergio mi pongo sempre dalla parte di chi subisce il misfatto (in questi tipi di articoli) poche volte se non mai mi chiedo se anche io in alcune circostanze abbia reagito così. Ora come ora non mi vengono in mente situazioni in cui mi sono chiuso a riccio. Però ti chiedo, come evitare di assumere atteggiamenti del genere? Umiltà probabilmente. In più, come fare a ritrovare il COSA e il COME con le proprie forze quando si è demotivati o in un periodo giù ?
Ciao Taz…
allora, riguardo alla prima parte del tuo messaggio, tieni presente che si hanno SEMPRE a disposizione 3 vie:
– Resto in conversazione e CONTINUO A LOTTARE (come un criceto coraggioso e ignorante nella ruota)
– Faccio finta di nulla (nei rapporti l’IPOCRISIA, che si associa al tipico PORTAR PAZIENZA, si paga cara sul medio/lungo termine)
– Alzo i tacchi e me ne vado
Ora, la “via più facile” (ma più devastante sullo sviluppo “degenerativo” del rapporto) è senza dubbio quello di “lasciar correre”.
A tal riguardo, ricordo una metafora che mi colpì particolarmente durante un corso per formatori, che sosteneva l’importanza di UCCIDERE KING KONG FINCHE E’ PICCOLO!
Cosa significa in poche parole?
Significa che se “lasci perdere MOMENTANEAMENTE” e l’oggetto della discussione viene CHIARITO E RISOLTO in un secondo tempo (magari dopo aver sbollito un po’ gli animi), NON C’E’ NESSUN PROBLEMA!
Ma se si “lascia perdere qualcosa che non va e che andrebbe risolto”, con il tempo QUEL PROBLEMA CRESCE…
Pensa “alla ruggine” o “alla carie”…
Spesso, quando NON si affronta un problema c’è di mezzo pigrizia o paura, in ogni caso se “l’entità del problema iniziale era sufficiente per FERMARE, cosa pensi che succeda col passare del tempo”?
Ecco il monito ad “affrontare KING KONG finche è piccolo”… quello scimmiotto, non è di per se L’OSTACOLO da superare, ma IL NON VOLERLO AFFRONTARE e ciò che ci sta dietro… ergo, la PAURA o la PIGRIZIA.
Le altre due vie, comportano un PREZZO DA PAGARE PESANTE “NEL BREVE TERMINE”…
Nel primo caso ti “devasti il fegato dai nervosi”… (e spesso senza ottenere risultati, o qualcosa di marginale)
Nel secondo (alzare i tacchi), stai MOLTO MALE per il distacco (se il legame è forte), ma con il tempo “torni in salute”! 😉
Rispetto all’arrivare alla lunghezza d’onda dell’interlocutore, nutro dei seri dubbi, e ti spiego il perchè.
Nella mia esperienza personale (e di rapporti affettivi ne ho avuti un po’ più della media), ogni volta che il problema era una “mancanza di sintonia/lunghezza d’onda diversa/non ci si capiva”, mi sono ritrovato in una realtà “leggermente diversa”:
Il problema reale non era una “frequenza diversa comunicativa”, ma obbiettivi diversi, e “mancava la sincerità di fondo” necessaria a prenderne atto da subito ed agire onestamente di conseguenza.
Quando il problema è la “lunghezza d’onda differente”, di solito si verifica il caso che ho citato qualche riga fa: “si RIMANDA la discussione ad un momento in cui la modalità di comunicare permette una maggiore sintonia”, e il problema è risolto.
Per cui NON E’ IL CHIARIMENTO A MANCARE… capisci? 😉
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda… Un parere spassionato?
CAPITA A TUTTI!!
Ed in soldoni capita O PERCHE’ MANCANO GLI STRUMENTI PER CAPIRE E COMUNICARE IN MODO EFFICACE, OPPURE MANCA LA VOGLIA O LA DISPONIBILITA’ A FARLO.
Mezzi, volontà, umiltà.
I mezzi si possono trovare “studiando” (nozioni con sperimentazione e verifica pratica!)
La volontà “se c’è il PERCHE’ abbastanza forte” non dovrebbe mancare
L’umiltà è UNA SCELTA!!!!!
Te lo ridico?
L’UMILTA’ E’ UNA S C E L T A !!!!
Se trovi in una realtà di fatto dove qualcuno NON SCEGLIE DI METTERSI IN DISCUSSIONE, sei al cospetto dell’ARROGANZA! (Partita persa)
I mezzi si trovano (volendo e pescando nello stagno giusto), la volontà c’e’ se C’E’ UN PERCHE’ AUTENTICO, l’umiltà E’ UNA SCELTA!
Di conseguenza, l’unico vero caso in cui “non ci sono vie di uscita”, è quest’ultimo.
Se il perchè NON C’E’ PIU’, basta un pizzico di sincerità e il legame si scioglie “trasformando il rapporto in qualcosa di più libero, rispettoso e altruista”…
Se mancano i mezzi, si “presta ascolto a CHI NE HA DI PIU’ IN DOTAZIONE”, o si cercano altrove…
Ma se ti trovi di fronte all’ARROGANZA allora SON CAZZI!
E bada, non tutte le persone arroganti lo manifestano “in modo diretto”, anzi!!
Molto spesso GLI ARROGANTI VERI si vestono di “false modestie” per ottenere semplicemente ciò di cui hanno bisogno, ma appena scavi un po’ o soffi via la polvere in superficie (e col passare del tempo SUCCEDE SEMPRE, se non scegli la via dell’IPOCRISIA) IL MOSTRO VIENE SEMPRE A GALLA!
Li non ci sono cazzi!!!!
La persona arrogante E’ IL “DIO DEL SUO MONDO”, e se non lo decide lei, non lo puoi scalfire NEPPURE CON LE LAME DI WOLVERINE in adamantio o la Santetzuchen di Gemon!!!! 😛
Per concludere, il COSA abbiamo detto essere i mezzi (conoscenza e competenza, informazioni e processi risolutivi)…
Il COME (in relazione al rapporto ed alla sintonia a cui hai fatto riferimento) sono tutte quelle capacità che permettono una “comunicazione efficace”…
In merito alle “proprie forze” quando si è demotivati o in un periodo “di down”, beh, l’unica cosa che può garantirti il risultato (SE NON HAI COMPETENZE A LIVELLO MOTIVAZIONALE) è la DISCIPLINA!
Sono molto utili delle skills di leadership in quel caso…
Piccole dritte possono essere frasi con cui bombardare la propria mente: ad esempio “SE NON POSSO, DEVO!”
In generale, ci piazzerei un profondo studio “sulle CREDENZE e su come funzionano” (in modo da CREARNE di UTILI, e SGRETOLARNE di INUTILI O CONTROPRODUCENTI all’occorrenza), e la LEVA “PIACERE/DOLORE”…
Grossolanamente il vecchio concetto del BASTONE e della CAROTA diffuso “tra le righe” dalle religioni.
Ricordati che una cosa è “capire di cosa si tratta e saperla riconoscere”, altro paio di maniche è SAPER COME ATTIVARLA, E UTILIZZARLA IN MODO EFFICACE!
Ps.se non ricordo male, sul blog dovresti trovare qualcosa in merito… al limite ci dedicherò un nuovo articolo 😉
Ciao Sergio,
hai sempre questa capacità di darmi dei ceffoni virtuali tramite il tuo blog.
In questo articolo mi è arrivato quando ho letto “ATTENZIONE! Cambio “strada”, non “cambio OBBIETTIVO”!!!!!”.
A me capita spesso che quando mi pongo un obiettivo il perché che sta alla base è la soddisfazione di un bisogno. La maggior parte delle volte è un bisogno di sentirmi importante o di sentirmi accettato e quando si arriva al punto in cui devono entrare in gioco disciplina e perseveranza capita spesso di cambiare obiettivo per trovare la soluzione a quei bisogni. In virtù di ciò volevo anche capire cosa ci sta dietro a un perché forte e se è un problema associare al mio obiettivo la risoluzione di quei bisogni.
Buona serata,
Isborn
Ciao Isborn!
Ceffoni in stile “scuola di Hokuto”?!?!? 🙂
L’associazione del “perchè” alla soddisfazione di un bisogno, è qualcosa di molto diffuso.
Senza tanti giri di parole…
…il problema di fondo di questo tipo di associazione, è che nel momento in cui “tale bisogno scema”, la spinta cessa!
Per cui è molto facile cascarci in preda a stati emotivi, che appena vengono sedati, riducono il bisogno e di conseguenza la spinta per il motivo qui sopra.
Se tiri in ballo la disciplina e la perseveranza, in realtà il problema non si pone… ma ho l’impressione che nel tuo caso ci sia perseveranza e NON disciplina.
Provo a spiegarmi:
la “perseveranza” è in sostanza la determinazione protratta nel tempo a continuare ad agire…
La disciplina invece, si manifesta “mettendo dei paletti/erigendo degli argini” al flusso delle energie che ipieghi, dirigendolo VERSO IL TUO OBBIETTIVO.
Se “cambi l’obbiettivo”, invece che la “strada” per raggiungerlo, in soldoni “manchi di disciplina”.
Riguardo al fatto di aver intercettato la natura dei tuoi bisogni (sentirti importante e accettato), fai una capatina sull’articolo dei “bisogni umani”…
Bisogno di importanza e connessione spesso emergono in risposta a troppa “varietà” e “sicurezza”…
Cerca qualche spunto su quell’articolo, e casomai approfondiamo meglio la questione in quel thread! 😉
Per rispondere all’altra parte della tua domanda, dietro ad un FORTE perchè ci possono essere “traumi emotivi” (legati alla paura, alla rabbia, all’amore, alla compassione/empatia, alla tristezza), “convinzioni sfociate in identità”, o addirittura uno qualsiasi di questi “misto a bisogni profondi”. (se fossero superficiali, il perchè seguirebbe “alti e bassi”)
Non di rado queste situazioni fanno emergere “grandi bisogni”, soprattutto se non si è in grado di dominare in modo efficace il “dialogo interno e il linguaggio”…
La grande maggioranza della comunità non è in grado di farlo per varie ragioni, uno tra tanti: “non ha idea di come funzioni veramente la propria mente”, o si perde i “studi accademici” che si rivelano “poco proficui” in termini pratici…
Ciao Sergio,
Io sono sempre stata dell’idea che “Volere è potere” qualunque sia la meta o lo scoop da raggiungere. Spesso mi sono messa il paraocchi per affrontare determinate cose , quando tutti mi dicevano di lasciar perdere. Non sempre l’ho raggiunto l’obiettivo però almeno ci ho sbattuto la testa da sola.
Concordo sul fatto che affrontare dei cambiamenti è il primissimo ostacolo in cui ci si imbatte e che spesso fa paura. Ma ci sono anche delle situazioni in cui magari noi siamo anche pronti al cambiamento ma tutto il contesto in cui ci troviamo non è favorevole.
Parlo soprattutto nelle relazioni affettive… in questo caso sarebbe opportuno cambiare obiettivo e non soltanto strada come dici tu.
Inoltre trovo anche difficile che qualcuno riesca a trovarci i “mezzi” per aiutarci nel cambiamento… non abbiamo tutti lo stesso percorso di vita nè , solitamente, siamo così magnanimi da “sbatterci” per aiutare qualcuno nel cambiamento che (solo lui) vuole affrontare… quello che intendo dire è che secondo me siamo spesso soli nella fase del “voglio cambiare”
Ciao Angela.
Volere è potere, è senza dubbio un “buon accessorio” di cui potersi servire nella vita, a patto che “il crederci” sia sufficientemente forte da tradurlo in “perseveranza”.
Penso che con “quel paraocchi” (di solito usato per altri scopi assimilabili alla “testa sotto la sabbia”) tu intenda proprio l’ESSERTI FOCALIZZATA su qualcosa ed aver convogliato tutto quello che avevi in quella direzione, “tagliando fuori” tutto ciò che poteva distoglierti dalla tua “missione”.
Corretto? 😉
E’ una strategia utilissima, e che in soldoni permette di “non disperdere” energie e tempo preziosi in distrazioni.
Il fatto di “raggiungere un obbiettivo”, apre in realtà un PORTONE ENORME su altri aspetti: come avevi formulato questo obbiettivo? l’entità e la portata della tua motivazione? le risorse che avevi a disposizione? e via discorrendo.
Forse quel “almeno ci ho sbattuto la testa da sola”, indica una certa propensione all’autonomia e all’indipendenza.
Il che, dal mio punto di vista personale, è qualcosa di PREGEVOLE e merita STIMA.
Tuttavia, come ti ho accennato qualche riga fa, il percorso che intercorre tra il punto di partenza e l’obbiettivo, è costellato di difficoltà di vario tipo, e non è detto che “ciò che possediamo in inventario nella borsa degli attrezzi”, sia sufficiente a superarle tutte!
Se quindi “decidi di fare l’esperienza” per impiegare un po’ di tempo, per “misurarti o metterti alla prova”, o PER VINCERE/RAGGIUNGERE IL TRAGUARDO, fa una grandissima differenza.
Attenta inoltre a fare in modo che “la grande determinazione garantita dal paraocchi”, NON ti impedisca di “poter cogliere” dall’esterno (o dagli altri), qualche strumento che, se utilizzato, magari farebbe la differenza tra il fermarti al 98imo gradino, quando il “traguardo” magari è al 100imo, oppure al ritirarti, piazzarti a fondo classifica o arrivare prima!
Mi è capitato spesso di incontrare persone che, per ragioni proprie, avevano sviluppato una “certa allergia” agli aiuti esterni.
Tornando ai cambiamenti, a voler fare i pignoli non è che “siano il PRIMO ostacolo”, ma sicuramente spesso IL PIU’ IMPONENTE.
Vero che “di solito” fa paura, ma questa emozione non è necessariamente una componente SEMPRE presente.
Il processo, o meglio, I PROCESSI legati al cambiamento sono molti, una sorta di viaggio che OGNUNO DI NOI DEVE COMPIERE DURANTE L’ESISTENZA.
Alcuni cambiamenti riguardano “il se’, altri ci vengono imposti dall’ambiente in cui viviamo”.
Con la questione “contesto”, tocchi un punto MOLTO IMPORTANTE: il contesto è analogamente strutturato attraverso l’ambiente, il se’ e l’interazione tra i due.
Casualmente, questi 3 elementi sono anche LA BASE di riferimento quando si “nomina” (spesso a sproposito perchè si considera SOLO IL SE’) la famigerata “consapevolezza”.
In seno a questa, si entra nell’ambito delle SCELTE!
Infatti ce ne sono con gradi di consapevolezza molto differenti.
Uno dei PRIMISSIMI PROCESSI DA EFFETTUARE, è ad esempio “inquadrare IL PREZZO CHE COMPORTA QUESTA SCELTA”, e prendere una decisione di conseguenza. (i processi decisionali richiederebbero DA SOLI un libro, ma intanto mi interessa che tu segua il senso del discorso).
Nelle relazioni affettive, specie se IL LEGAME E’ FORTE, le differenze individuali producono un necessario e continuo “riadattamento”.
Se da un lato ci sono PRINCIPI (valori) che non mutano (o non dovrebbero farlo per coerenza con una scelta), esistono una miriade di altri fattori che cambiano costantemente, come cambia ognuno di noi singolarmente durante il corso della vita.
Il cambiare OBBIETTIVO rispetto al cambiare STRADA, si traduce in una semplice scelta!
Nel contesto “relazione affettiva”, giocano un ruolo “molto pesante” i fattori a cui ho accennato qui sopra (ma ce ne sono MOLTI ALTRI!), e sommariamente ci si dovrebbe quantomeno interrogare sul “valore della candela per continuare o meno a giocare”! (riprendendo il detto e collegandolo proprio alla questione PREZZO DA PAGARE)
Se questo valore è troppo basso, ovvio che insorgono i dubbi “sullo scopo del continuare a giocare”.
CHIARO CHE, ANALIZZARE UNA QUESTIONE CHE COINVOLGE UN SACCO DI FATTORI, non è certo una cosa FACILE!!!
Ma è innegabile che, più mezzi si possiedono per processare correttamente la questione, MENO DIFFICILE sarà operare una scelta INTELLIGENTE ED EFFICACE.
Il punto più IMPORTANTE del tuo messaggio, penso sia proprio in quel: “trovo anche difficile che qualcuno riesca a trovarci i “mezzi” per aiutarci nel cambiamento…”
Esistono dei mezzi che reperiamo durante la crescita “quasi inconsciamente” attraverso l’educazione e altri che possiamo reperire dalle LEZIONI che riusciamo a cogliere durante le esperienze…
Esiste inoltre UNA TERZA VIA: tutta quelle serie di corsi che aprono le porte all’esperienza di altri individui, e che FORZANO l’incontro con i propri limiti.
Se possediamo UN MOTIVO SINCERO per cercare nuovi mezzi, il frequentare questi corsi si rivelerà molto utile allo scopo di migliorarci acquisendone di nuovi.
Che non stiamo camminando tutti sullo stesso percorso di vita, è qualcosa che RINFORZA ancora di più la questione “STRADA”, e l’importanza di SCELTE e livello di consapevolezza.
CAMBIARE NON E’ “OBBLIGATORIO PER NESSUNO” (si tratta di scelte!), non hai forse ammesso anche tu che “FINISCI PER SBATTERCI LA TESTA MA ALMENO L’HAI FATTO DA SOLA”?
Rifletti sulla tua frase… alla fine non è cambiato qualcosa? Cos’è che emerge di IMPORTANTE PER TE da queste parole?? 😉
Pienamente d’accordo che, se in una relazione a VOLERE UN CAMBIAMENTO E’ SOLO UNO DEI DUE, beh… di cosa stiamo parlando?!?
Che contempliamo la scelta di “cambiare con lui”, o “cambiare quel lui”, sempre di cambiamento si tratta! 😉
Non capisco invece perfettamente in che modo possiamo essere “soli” nella fase del voler cambiare…
O meglio, riferito al contesto “relazione affettiva” a cui mi sembra ti riferisca, NON PUOI PARLARE DI “ESSER SOLI”… perchè PER CONSAPEVOLEZZA, dovresti tener presente che UNA SCELTA DEL SINGOLO, INCIDE COMUNQUE (IN TERMINI DI CONSEGUENZE) ANCHE SULL’ALTRO.
E non esiste CONSAPEVOLEZZA se si prendono in esame le sole intenzioni SENZA LE CONSEGUENZE!
Questo rispecchierebbe un certo “EGOISMO” (non necessariamente negativo!… dipende dal contesto intero) ma una sorta di “obbligo” verso l’altro a SUBIRE una decisione del singolo.
Provo a spiegarmi meglio con un esempio:
SE in una coppia ci si mette insieme E NON SI VOGLIONO BAMBINI, questo è un tipo di accordo iniziale (che ovviamente va dichiarato indagato) che DELIMITA l’evoluzione del rapporto.
Può succedere che, strada facendo, UNO DEI DUE cambi idea per varie ragioni (cambiamenti con cui dobbiamo CONTINUAMENTE FARE I CONTI!) , oppure che NON LA CAMBI per altre! (fermezza, coerenza, arroganza)
Ora, è chiaro che NESSUNO DEI DUE “dovrebbe permettersi di IMPORRE” la propria nuova visione sull’altro.
Se lo fa, si tratta di coppie “con qualche problemino di troppo” (a mio modesto parere).
Ma se a valle di questo “cambiamento personale”, se ne parla apertamente, le strade da percorrere conducono inevitabilmente ad una DECISIONE: o cambia idea anche l’altro e si ritrova la “comunione degli intenti”, o è meglio CHIUDERE IL RAPPORTO.
Se cambiano gli “obbiettivi dichiarati”, è chiaro che le strade dei singoli potrebbero rivelarsi “non più combacianti”.
Il non farlo, condurrà a sprecare ENERGIE, ma soprattutto TEMPO!!!
Anche il farlo “in preda a impulsi emotivi”, finirà quasi sicuramente per generare RIMPIANTI, RIMORSI o comunque attriti e malcontenti di vario tipo!
Ecco perchè il “grado di consapevolezza” può fare VERAMENTE LA DIFFERENZA…
Perchè puo’ aiutare ad avere una VISIONE ONESTA, e “svincolare” il partner dall’impossibilità di proseguire sulla propria strada.
La strada di coppia, è infatti qualcosa di diverso rispetto alla STRADA INDIVIDUALE.
L’ideale sarebbe che OGNUNO DEI PARTECIPANTI sia sufficientemente consapevole e sincero da poter valutare VERAMENTE l’affinità tra le proprie strade, e se conducono agli stessi obbiettivi.
Ma sovente, il problema nasce dal fatto che DI OBBIETTIVI COMUNI NON CE NE SIANO PROPRIO, oppure CI SONO ma gli adattamenti necessari a raggiungerli, richiedono UN PREZZO CHE PER UNO DEI DUE E’ TROPPO ALTO DA AFFRONTARE…
Questo a volte può essere VERO nella realtà, altre volte lo è solo NELLA PERCEZIONE di uno dei due!
Ecco perchè la SINCERITA’ è fondamentale: per chi non lo è, la situazione si tramuterà in una sorta di INFERNO, dove “anche se non lo dice”, NON VUOLE CAMBIARE e si perderà tra scuse infinite che trascineranno il rapporto in un BARATRO!
A nulla servirà l’impegno dell’altro a fornire “una valanga di mezzi”!
Quando nell’articolo menziono “o il fornire i mezzi, o TOGLIERE LE SCUSE”, alludo proprio ad uno strumento pratico per SMASCHERARE questa mancanza di sincerità… (indipendentemente da cosa sia motivata)
Concludendo, si tratta SEMPRE E COMUNQUE di CAMBIAMENTI…
Ognuno di noi ha il diritto di affrontarli sulla propria via, nel modo che ritiene più adatto.
IO PERSONALMENTE posso dirti che preferisco di gran lunga impegnarmi ad acquisire IL PIU’ POSSIBILE COMPETENZE E MEZZI per facilitarmi questi “passaggi OBBLIGATORI” della vita…
Questo non significa che qualcuno non abbia il diritto di “barattare questa possibilità” con la COMODITA’ ILLUSORIA CHE NON GLI SERVANO MAI, e finire per pagare POI un prezzo ENORME in termini di rimorsi e soprattutto RIMPIANTI.
DIPENDE ANCHE DAI VALORI CHE CI GUIDANO… se in alto in classifica c’è la LIBERTA’, non ci saranno dubbi in merito! 😉
Si tratta tuttavia di scelte… che ognuno di noi intraprende con un certo “grado di consapevolezza ed esperienza”, e che, per definizione, comportano COMUNQUE UN CAMBIAMENTO. 😉
Ciao Sergio!!
Capitano eccome queste situazioni…anzi…azzarderei che sono quasi all’ordine del giorno.
Mi sorge spontanea una domanda dopo una prima lettura..come capire in velocità se il problema è legato alla mancanza del perché? Mi è capitato di avere discussioni (su richiesta dell’interlocutore stesso) con persone durate delle ore e magari per più giorni per poi capire che non si andava da nessuna parte..
Puoi ben immaginare la frustrazione (soprattutto per quelle persone per cui provo affetto), ma soprattutto la rabbia per aver capito l’immenso dispendio di energie e tempo perso che ne consegue..
Ciao Michele!
Capisco più che bene la “frustrazione” provata nei casi in cui accada con legami affettivi… perchè hanno caratterizzato una buona parte della mia vita, e si tratta infondo di fenomeni molto molto diffusi…
Capire “in velocità” non è una cosa facile.
Grossolanamente, il modo per “smascherare” la mancanza di volontà è piuttosto semplice: “basta offrire i mezzi e i processi” risolutivi e stare a guardare cosa succede.
Se il PERCHE’ è vivo, in un attimo si innescano i “primi passi” del cambiamento.
Successivamente, può però capitare che si manchi di perseveranza o determinazione o disciplina, e si finisca per non fare seguire TUTTI I PASSI NECESSARI al produrre un cambiamento solido…
I risultati, prima di diventare solidi, rimangono “volubili”, un po’ come un liquido (la cui forma dipende dal contenitore).
Questo primo passaggio, già “contrasta” con la parola “Velocità” a cui ti riferivi…
In secondo luogo, esiste un binomio “facile/veloce”, che viene spesso male interpretato: un cambiamento facile e veloce, di solito denota una resistenza e consistenza minima!
Ma è sempre così?
Ovviamente no!
A monte di cambiamenti da intraprendere, si celano sovente delle abitudini consolidate per “anni” o ad una profondità molto significativa.
Ecco che spuntano altri due fattori: ENTITA’ dell’abitudine, e PROFONDITA’.
Questi sue fattori determinano “la resistenza” che ognuno di noi deve affrontare per operare un cambiamento.
Ergo, questi tipi di fattore “sono a carico e dipendono dalla persona che deve cambiare”! Non da chi “offre i mezzi” (info e processi) Mi spiego?
Ritornando alla tua domanda, direi che il miglior modo per “stringere i tempi” sia quello di avere “in dotazione” la maggior quantità di competenze che riguardano i “cambiamenti” (e non una mera conoscenza del contesto!)
Quando si vuole produrre un cambiamento entrano in gioco competenze in ambito “comportamentale” che non possono essere scorrelate dalla conoscenza della mente ed al suo funzionamento, ad esempio.
Riassumendo, quando il perchè esiste, è vivo e forte, appena fornisci “mezzi”, la persona passa all’azione.
Più mezzi e più velocemente sai offrirli, più velocemente emergerà “qualcosa” del perchè del tuo interlocutore.
C’è chi ha un perchè TROPPO DEBOLE per superare la minima resistenza, e chi oggettivamente deve “affrontare e smantellare” resistenze gigantesche… 😉